IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Sciogliendo  la  riserva  di  decidere espressa all'udienza del 14
 gennaio 1993 ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di
 sorveglianza iscritto al n. 1337/1992  r.g.t.s.  promesso  da  Avolio
 Silvio  nato  a  Guardia Piemontese (CS) il 3 novembre 1962 ristretto
 nella  casa  di  reclusione  di  Orvieto,  condannato  definitivo  in
 esecuzone  della  pena  di  18  anni, 9 mesi e 15 giorni, di cui alla
 sentenza in data 24 giugno 1988 della Corte d'appello di Milano.
    Premesso che il condannato, con istanza del 19  novembre  1992  ha
 chiesto  sospensione della pena ex art. 12 del d.l. 12 gennaio 1993,
 n. 3, che l'istante e' detenuto dal 14  febbraio  1987  con  scadenza
 della pena al 22 luglio 2002;
    Esaminati  gli  atti  e  sentite  le  conclusioni  del  p.g. e del
 difensore;
                             O S S E R V A
    La norma dell'art. 12 del d.l. 12 gennaio 1993, n. 3, che reitera
 identica norma di precedente decreto che non ha ottenuto, in termini,
 la  dignita'  di  legge  formale,  e'  da  ritenersi,  a  parere  del
 tribunale,  anticostituzionale,  perche'  in  palese  violazione  del
 principio compreso nell'art. 3 della Costituzione repubblicana.
    Invero, non si capisce  perche'  sia  stato  previsto  differmento
 obbligatorio  dell'esecuzione  della  pena  a  favore  del condannato
 affetto da A.I.D.S. conclamata o  da  grave  deficienza  immunitaria,
 considerato tali situazioni incompatibili "con lo stato di detenzione
 ai  sensi  dell'art.  286-  bis,  primo  comma,  del  c.p.p.", e tale
 beneficio non sia previsto anche nei casi di altre malattie  croniche
 progressive  ed  irreversibili  (neoplasie  accertate obiettivamente;
 tubercolosi in avanzato stato di decorso clinico; sclerosi a  placche
 etc ...).
    Potra'  essere  osservato  che  nel  caso  di  siffatte ipotesi di
 malattia resta pur sempre la facolta' di concedere il differimento  a
 discrezione  del  giudice,  ma  proprio  qui  sta  la  diversita'  di
 trattamento che inficia  il  principio  costituzionale  dell'art.  3,
 visto   che  per  le  ipotesi  di  A.I.D.S.  o  di  gravi  deficienze
 immunitarie il differimento viene previsto come obbligatorio,  mentre
 negli  altri  casi  resta  affidato  a  discrezionalita' ed e' certo,
 umanamente, che non tutti i giudici sono eguali e non  tutti  possono
 pensarla alla stessa manieraƝ
   Questo  senza  considerare,  nel  merito,  che il decreto del quale
 viene eccepita la illegittimita' costituzionale non prevede, come  si
 era  riservato  di  fare,  la  collocazione dei condannati in reparti
 ospedalieri o in altri siti ove potersi curare, ma  ha  continuato  a
 prevedere  il  differimento obbligatorio della esecuzione della pena,
 tout court, senza farsi scrupolo da prevedere quale fine faranno tali
 soggetti che, in liberta', costituiscono  un  vero  pericolo  per  la
 collettivita'  ignara  che  essi,  in  unione  ad  altri  sempre piu'
 numerosi  gia'  in  circolazione,  perche'  non  condannati  per   la
 commissione   di  fatti  illeciti  (o  perche'  non  scoperti),  sono
 portatotri di malattia infettiva ad alta potenzialita' contagiosa, in
 special modo quando - com'e' nel caso di specie - si versi in casi di
 soggetti in detenzione per reati qualificati da violenza sessuale (si
 vedano i fgg. 7/10 ed anche i precedenti a  fgg.  16/18,  nonche'  il
 foglio  allegato  a stralcio della relazione del procuratore generale
 della Repubblica per il distretto della Corte  d'appello  dell'Umbria
 distribuita    recentissimamente,    il   16   c.m.,   in   occasione
 dell'inaugurazione   dell'anno   giudiziario   che   e'   in   corso,
 sull'argomento).